con l'avvocato e giuslavorista Sergio Alberto Codella analizziamo il nuovo decreto in ottica dei provvedimenti per continuare a fare lo smart working.
Lo Smart Working, già con i primi provvedimenti normativi, è stato visto come una delle soluzioni principali per garantire, da un lato, la salute e la sicurezza dei lavoratori e, dall’altro, la possibilità di rendere ancora produttive le attività imprenditoriali.
Per tale ragione il “filo rosso” che ha accomunato i vari interventi è stato quello di una semplificazione delle procedure per attivare e instaurare rapporti di lavoro agile. Per rispondere all'emergenza sanitaria in tempi rapidi, basti pensare all’esclusione della necessità di un accordo “scritto” tra datore di lavoro e dipendente (pur continuando a sussistere gli obblighi informativi in tema di salute e sicurezza).
Dopo la presentazione del decreto da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ho affrontato i punti del medesimo interessanti per il nostro magazine con il nostro giuslavorista.
Il Decreto “Cura Italia”, del 17 marzo 2020, prevedeva la priorità nella possibilità di accesso al lavoro agile per le persone con disabilità (o per coloro che le assiste).
Il Decreto “Rilancio” (appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale. NdR) è arrivato a stabilire che - fino alla fine della fase dell’emergenza - il genitore lavoratore dipendente del settore privato, con almeno un figlio minore di 14 anni a carico, dovrebbe svolgere la propria prestazione in modalità di lavoro agile. La condizioni sono:
Un’altra novità del Decreto Rilancio è il principio, valido nel periodo emergenziale, secondo cui la prestazione lavorativa può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente.
Tale assunto tiene presente le difficoltà oggettive del datore di lavoro di riuscire a fornire, in questo periodo, tutti gli strumenti informatici per i dipendenti in Smart Working. In altre parole, attivare modalità di lavoro agile è sempre più facile e necessario.
Da quanto sta emergendo, i risultati ottenuti in termini di produttività nei casi di utilizzo della Smart Working sono confortanti e positivi anche nella fase d'emergenza. Tanto è vero alcune aziende che, fino a ieri, non avevano introdotto prima della Fase 1 alcun modello di lavoro agile, hanno deciso di articolare in modo permanente strutture “smart working”.
Bisogna poi precisare che quello definito Smart Working in questo frangente non lo è “veramente”. Nel senso che attualmente si è di fronte, nella maggior parte dei casi, ad una modalità di lavoro da remoto e da casa. Questo però non sfrutta appieno le altre opportunità offerte dal lavoro agile.
Sto parlando, per i lavoratori, della possibilità di scegliere effettivamente tempi e i luoghi di lavoro, e per i datori, di fissare obiettivi precisi e di ridefinire luoghi e spazi aziendali.
Infatti, quello che sta affiorando dalla fase emergenziale, è che alcuni dei principi organizzativi dati per assiomatici da alcune aziende, in realtà non lo sono affatto. Primo fra tutti vi è la presa di coscienza di dovere ridefinire il concetto stesso di ufficio, attraverso una rimodulazione degli spazi maggiormente coerente alle attuali necessità del mercato e, soprattutto, al contenimento dei costi.
Testo di Avv. Sergio Alberto Codella, articolo a cura di Francesco Sani,
Foto: Adn Kronos
Classe 1979, è giornalista pubblicista e ha un master in Sociologia. Direttore Responsabile del magazine, gli piace studiare i cambiamenti della società a causa dell'economia 2.0, le tecnologie digitali e il futuro del lavoro. Scrive e ha scritto per Firenze Urban Lifestyle, Il Fatto Quotidiano, Artribune, Millionaire e Rivista Contrasti.
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