Questo articolo è l'ideale prosecuzione del precedente pubblicato sugli accordi di lavoro agile nella PA come un’occasione per sviluppare consapevolezza e partecipazione.
Qui, entrando più nello specifico, quale potrebbe essere un possibile esempio di procedura partecipata per la sottoscrizione di accordi di smart working?
Prima di tutto è importante uscire dalla logica burocratica basata sul paradigma istanza di smart working - sottoscrizione dell’accordo con formule regolative standard. Il momento dell’istanza può invece essere visto come un’opportunità per avviare un primo processo di sviluppo di consapevolezza del proprio ruolo, delle proprie potenzialità e delle possibili ricadute che il progetto di smart working può avere sulla qualità dei servizi, sull’organizzazione, sulle persone e sul contesto esterno.
Una soluzione praticabile per attivare questo processo è quella di accompagnare l’istanza con una scheda di autoanalisi progettata ad hoc:
Le dimensioni da indagare attraverso le schede possono essere così riassunte:
- planning di lavoro agile desiderato, espresso sia su base settimanale, sia su base periodica più lunga;
- espressione dei luoghi preferibili da cui lavorare, con un ragionamento guidato sulle possibili soluzioni di coworking;
- benefici attesi a livello sia personale, sia organizzativo, sia per la comunità;
- analisi delle competenze possedute, delle potenzialità inespresse e dei fabbisogni formativi;
- analisi del ruolo e delle attività svolte, con spinta alla proposizione di soluzioni innovative e all’emersione delle criticità e delle relative possibili soluzioni;
- analisi delle tecnologie utilizzate e dell’eventuale gap rispetto a quelle abilitanti del lavoro agile;
- analisi critica delle relazioni e delle comunicazioni connesse al proprio ruolo e individuazione di possibili soluzioni; migliorative legate all’utilizzo dello smart working.
Il modello della procedura partecipata prevede che le istanze non diano vita a mere procedure burocratiche, ma attivino invece un processo relazionale di condivisione nel gruppo di lavoro di riferimento.
La valutazione rimane in capo al responsabile ma è l’esito di un processo partecipato, che parte da un’analisi organizzativa dell’unità organizzativa interessata, con lo scopo di individuare gli obiettivi di miglioramento, per poi analizzare e integrare le singole proposte di smart working contenute nelle istanze.
La successiva fase di definizione condivisa degli obiettivi operativi è quella più delicata e al tempo stesso più importante, perché consente di creare fiducia organizzativa, di iniziare ad erodere l’isolamento professionale e di superare l’approccio burocratico esecutivo.
È inoltre l’occasione per creare consapevolezza nelle persone del senso del loro ruolo, facendole entrare in connessione con la complessità degli impatti del loro lavoro.
Solo dopo aver condiviso gli obiettivi in team sarà possibile elaborare i singoli progetti di smart working individuali, che integreranno in sé anche la visione più generale.
Nel modello che si vuole qui proporre, gli obiettivi di ogni singolo progetto si articolano come segue:
- obiettivi di crescita della comunità (miglioramento dei servizi, coinvolgimento della città, maggiore vicinanza ai bisogni reali dei cittadini, singoli o associati e delle imprese);
- obiettivi di crescita personale (valorizzazione talenti, acquisizione nuove competenze);
- obiettivi di crescita organizzativa (ripensamento del modo di lavorare);
- obiettivi di sostenibilità (sociale e ambientale).
Nel progetto vanno poi definiti anche i seguenti elementi:
- la programmazione di massima delle azioni per muoversi nella direzione indicata dagli obiettivi;
- le competenze necessarie per raggiungere gli obiettivi;
- le sinergie intra e inter gruppo necessarie in relazione agli obiettivi;
- strumenti e risorse da utilizzare o sviluppare;
- le modalità di gestione delle relazioni e delle comunicazioni interne ed esterne
- il sistema di monitoraggio.
Anche le fasi di validazione e di monitoraggio dei singoli progetti individuali privilegiano il confronto nel team di lavoro, non solo con i responsabili, ma anche con tutte le persone con cui si collabora a più stretto contatto.
In queste fasi è di grande importanza la valutazione dei benefici attesi per la cittadinanza e degli impatti attesi dai progetti di smart working sull’efficacia dei servizi resi al pubblico.
Lo smart working, infatti, non deve essere considerato solo come strumento di flessibilità organizzativa interna, ma va finalizzato al più ampio e profondo obiettivo di ripensare le modalità con cui la pubblica amministrazione risponde ai bisogni dei suoi utenti.
Può così diventare l’occasione per fermarsi a pensare, insieme agli altri, attivare una forma di intelligenza collettiva e far finalmente emergere due domande fondamentali che possono cambiare giorno dopo giorno l’approccio burocratico: perché esiste la pubblica amministrazione e perché io dovrei continuare a lavorare al suo servizio.
Testo a cura di Barbara Bresciani, formatrice e referente "Progetto Lavoro Agile" del Comune di Brescia.