Abbiamo partecipato recentemente al Google Next, uno degli eventi più significativi per comprendere le evoluzioni della tecnologia applicata al mondo del lavoro. Tra le varie sessioni che ci hanno colpito, una in particolare ha acceso un faro su una questione sempre più centrale per le organizzazioni: come cambia il processo di selezione nell’era dell’intelligenza artificiale e dell’automazione?
Nel keynote di Atalia Horenshtien, Head of Data and AI in una delle principali aziende tech globali, è emerso un concetto chiave: il modo in cui reclutiamo oggi è spesso inadeguato rispetto alla velocità con cui evolvono le competenze e gli strumenti di lavoro. L’automazione non riguarda più solo il manufacturing o i big data: sta entrando in modo prepotente anche nei processi di selezione, valutazione e sviluppo del personale.
Ecco cosa abbiamo imparato e perché ogni team HR dovrebbe iniziare a ripensare il proprio approccio al recruiting.
1. Aggiorna le domande dei colloqui al mondo reale del lavoro
Molte descrizioni di lavoro e domande di colloquio non riflettono più la realtà operativa delle aziende digitali o ibride. Strumenti di automazione, AI assistant, piattaforme collaborative e sistemi predittivi stanno modificando radicalmente il “come” e il “cosa” facciamo ogni giorno.
Le aziende devono iniziare a chiedersi:
- Quali attività oggi vengono già automatizzate nei nostri team?
- Quali competenze non tecniche sono fondamentali per governare questi strumenti?
Nei colloqui tecnici, ad esempio, ha senso chiedere: "Quando scegli di automatizzare un processo e quando preferisci un approccio manuale?" oppure "Hai mai introdotto un nuovo strumento o processo nella tua squadra? Cosa è cambiato?"
Per i ruoli meno tecnici, è utile indagare la familiarità con strumenti intelligenti, assistenti virtuali o automazioni base. L’adattabilità è la vera soft skill del presente.
2. Rivedi l’approccio allo screening dei CV
I sistemi di screening automatico sono ormai una realtà per molte aziende. Ma spesso finiscono per penalizzare proprio i candidati più innovativi. Per esempio, chi ha creato un workflow automatizzato in Google Sheets, ma non ha il titolo di “Data Analyst”, potrebbe venire escluso da un algoritmo troppo rigido.
L’automazione è utile per snellire la preselezione, lo scheduling dei colloqui o il rilevamento di pattern nei profili. Ma le decisioni chiave devono restare umane, soprattutto nella valutazione delle competenze trasversali.
È fondamentale che HR e hiring manager si allineino su ciò che conta davvero: capacità di problem solving, spirito di iniziativa, e uso creativo degli strumenti. In breve, serve guardare oltre il titolo.
3. Attenzione ai bias negli algoritmi
Una delle illusioni più pericolose è che l’AI sia “neutrale”. In realtà, gli algoritmi apprendono dai dati storici — spesso impregnati di bias culturali o aziendali. Se i dati d’origine riflettono modelli di selezione obsoleti, il rischio è quello di replicare (o peggiorare) le disuguaglianze esistenti.
Un buon processo di selezione nell’era dell’AI deve includere controlli regolari su:
- Chi viene escluso automaticamente e perché
- Il linguaggio usato nelle job description
- Le metriche usate per valutare i candidati
L’inclusività non può essere un optional: dev’essere progettata.
4. Valuta attraverso esercizi concreti, non solo domande
Le domande di colloquio, per quanto ben costruite, non sempre rivelano come una persona ragiona, interagisce o risolve un problema reale. I case study pratici, invece, lo fanno.
Chiedere a un candidato: “Hai un dataset disordinato, come lo pulisci?” oppure “Devi automatizzare un report settimanale. Da dove cominci?” mette in luce il modo di pensare, non solo le competenze tecniche.
Allo stesso tempo, è importante valutare la predisposizione alla condivisione della conoscenza, alla collaborazione e al supporto del team. I migliori candidati non sono solo bravi da soli: fanno crescere anche gli altri.
5. Assumi persone che sappiano evolversi con il ruolo
Nel mondo del lavoro di oggi, i ruoli cambiano ogni 6-12 mesi. Nuovi strumenti emergono, processi si modificano, obiettivi si ridefiniscono. Questo significa che la capacità di evolversi è più importante dell’esperienza pregressa.
In sede di colloquio, è utile chiedersi: "Questa persona è in grado di mettere in discussione come lavoriamo oggi?" oppure "Ha dimostrato in passato di saper apprendere nuovi strumenti in modo autonomo?"
Chi sa costruire il proprio ruolo intorno a ciò che serve oggi, sarà anche in grado di adattarsi domani.
Assumere per il progresso, non per la perfezione
L’intelligenza artificiale non sostituirà le persone. Ma le persone che sanno usarla sostituiranno quelle che non sanno farlo. Le aziende che vogliono restare competitive devono aggiornare oggi il modo in cui assumono, formano e fanno crescere il proprio talento.
Non serve rivoluzionare tutto da zero. Ma è fondamentale iniziare a:
- Aggiornare le job description in ottica “tool & mindset”
- Bilanciare automazione e valutazione umana
- Introdurre esercizi realistici nei colloqui
- Allenare le HR a leggere potenziale e non solo esperienza
Il futuro del lavoro non sarà dominato dalla tecnologia, ma da chi saprà integrarla con visione, creatività e adattabilità.