Negli ultimi anni si è moltiplicata la spinta verso programmi di welfare e wellbeing aziendale: palestre convenzionate, ticket pasto, assicurazioni integrative. Strumenti utili, ma che da soli non bastano per incidere davvero sulla qualità del lavoro e della vita.
Secondo un’analisi condotta da McKinsey & Company, gli interventi in ambito wellbeing sono correlati a un miglioramento della produttività che si colloca tra il 10 % e il 21 %.
Un altro studio dell’University of Oxford ha rilevato che i lavoratori «felici» risultano 13 % più produttivi rispetto ai colleghi meno sereni.
Questi dati indicano chiaramente che la qualità delle risorse umane non si misura solo con il numero di benefit, ma soprattutto con la capacità di creare ambienti cognitivi ed emotivi in cui la persona è attiva, consapevole e resiliente.
In questo contesto, assume una nuova rilevanza il concetto di mindset positivo: non un semplice invito a “pensare positivo”, bensì un allenamento sistematico della parte cognitiva e emozionale dell’individuo — che trasforma schemi mentali automatici e incontrollati in processi intenzionali e sostenibili.
Perché le aziende e i professionisti HR dovrebbero interrogarsi oggi su questo tema?
- Un ambiente di lavoro che favorisce l’impegno e la soddisfazione → migliori performance. Nel 2023-24, la ricerca “Employee Experience in Italy” di Sorwe Global ha confermato che engagement e wellbeing sono strettamente correlati tra loro.
- Il fenomeno stress lavoro-correlato continua a pesare: uno studio italiano sostiene che lo stress legato al lavoro sia la seconda causa più segnalata in ambito salute e sicurezza.
- Non basta intervenire sul sintomo: i modelli tradizionali (terapia clinica, sportelli psicologici) agiscono su disfunzioni manifeste, ma trascurano lo sviluppo delle risorse. È dal cambiamento di “come pensiamo e agiamo” che deriva il vero salto qualitativo.
In tale prospettiva nasce un approccio che integra tre discipline fondamentali: la psicologia positiva, la neuroplasticità e l’intelligenza emotiva. Un metodo che considera la mente come muscolo da allenare, non come recipiente da riempire.
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Per il mondo del lavoro, questo significa: non più solo prevenzione, ma trasformazione; non più solo “meno malessere”, ma “più potenzialità”; non più esclusivamente “gestione del rischio”, ma “creazione del capitale umano”.