Può il lavoro da remoto essere considerato una vera leva per la sostenibilità? Uno studio ENEA appena pubblicato, dal titolo Remote Work: Evolving Travel Behaviours and Their Impacts on Environmental Sustainability (a cura di Roberta Roberto e Alessandro Zini), fornisce una risposta articolata: il remote work riduce traffico, emissioni e consumi, ma da solo non basta a trasformarsi in una politica “green”.
Il quadro della ricerca
Lo studio, basato su dati empirici raccolti tra il 2015 e il 2018 (ben prima che lo sperimentassimo tutti per colpa della Pandemia) su dipendenti della pubblica amministrazione in quattro città italiane (Bologna, Roma, Trento e Torino), è stato presentato in un volume dell’ISPI e rilanciato da ENEA nel 2025. I ricercatori hanno misurato in modo puntuale come cambiano le abitudini di viaggio e i consumi energetici con l’introduzione del remote work.
I numeri principali
Prima del lavoro a distanza, i dipendenti analizzati percorrevano in media 35 km al giorno per raggiungere l’ufficio. Con due giornate settimanali da remoto, questo si traduce in:
- circa 600 kg di CO₂ evitati per lavoratore in un anno;
- una riduzione di circa 85 MJ di carburante al giorno;
- benefici significativi anche in termini di tempo risparmiato e minor congestione urbana.
In media, ogni giorno di remote work permette di evitare 6 kg di CO₂ per persona. Numeri che confermano come il lavoro a distanza abbia un impatto ambientale positivo e misurabile.
Oltre i vantaggi: i limiti
Lo studio ENEA, tuttavia, sottolinea che non si tratta di benefici automatici. Le variabili in gioco sono molte:
- Numero di giorni a distanza: l’impatto cresce in modo non lineare con l’aumentare dei giorni.
- Tipo di spostamenti sostituiti: chi usava l’auto genera un beneficio maggiore rispetto a chi si muoveva già in modo sostenibile.
- Efficienza delle abitazioni: lavorare in edifici energivori rischia di spostare i consumi dall’ufficio alle case.
- Rebound effects: il remote work può stimolare trasferimenti in aree periferiche, viaggi extra o consumi aggiuntivi che riducono i benefici netti.
Differenze tra le città
Il contesto urbano è cruciale. A Roma, caratterizzata da lunghe distanze e traffico cronico, i vantaggi del remote work sono maggiori. In città più compatte, come Trento, i benefici risultano più contenuti perché gli spostamenti erano già limitati e in parte sostenibili.
Una leva condizionale
Le conclusioni di ENEA sono chiare: il remote work contribuisce alla riduzione delle emissioni, ma non può essere considerato di per sé una politica climatica efficace. Per renderlo realmente incisivo, servono politiche integrate:
- Urbanistica sostenibile: città più compatte, riduzione delle distanze casa-lavoro-servizi.
- Mobilità alternativa: investimenti in trasporto pubblico e micromobilità.
- Edifici efficienti: uffici e abitazioni con standard energetici elevati.
- Scelte individuali consapevoli: uso moderato di riscaldamento e condizionamento, spostamenti extra limitati.
Una lezione per le policy
Lo studio ENEA invita a superare la narrazione semplificata secondo cui il remote work sarebbe “green per definizione”. I benefici ci sono, ma vanno contestualizzati e amplificati da politiche pubbliche e comportamenti coerenti.
La lezione è duplice: il remote work è un alleato prezioso della transizione ecologica, ma solo come parte di una strategia più ampia che tenga insieme pianificazione urbana, mobilità, edilizia ed energia.