A giudicare da alcune risposte sui miei post di LinkedIn, che magari sono provocatori, ma mai volgari, viviamo in un’epoca in cui tutto offende qualcuno.
Quindi tanto vale smettere di preoccuparsene, perché la vita è troppo breve per compiacere tutti.
Al mio primo lavoro serio, il mio 'vice-capo', un tipo calvo con più capelli che pazienza, mi disse: “Se nessuno si lamenta, allora non hai detto niente di interessante.”
All’inizio pensavo che bastasse “non sbagliare” per fare bene. Poi ho capito che il vero errore era cercare di piacere a tutti. Il contenuto perfetto, quello che mette tutti d’accordo, non esiste. Anzi, il contenuto che non fa arrabbiare nessuno è spesso anche quello che non interessa a nessuno.
Oggi, anni a scrivere post, script, headline e battute mezze riuscite, posso dividere tutto quello che ho creato in due categorie:
Categoria Uno: Cose che qualcuno ha amato e qualcun altro ha odiato.
Categoria Due: Cose che non hanno notato nemmeno i miei colleghi.
(E una piccola sottocategoria: Cose finite in un articolo indignato su LinkedIn, firmato da un certo "manager della comunicazione etica").
Il punto è semplice: quando provi a dire qualcosa con personalità, a qualcuno darà fastidio. Ma quando cerchi di non dare fastidio a nessuno, smetti di avere personalità.
Facciamo un esempio.
Metti che vuoi aprire una gelateria, ma puoi fare solo un gusto. Se fai pistacchio, farai infuriare chi odia la frutta secca. Se fai cioccolato, ti scriveranno gli integralisti del gelato vegano. L’unica cosa che non puoi fare è creare un gusto che vada bene a tutti. Perché finirai per servire una roba beige, senza zucchero, senza latte e senza clienti.
La soluzione? Scegli un gusto. E accetta che non sarà per tutti.
Questo non significa diventare polemici per forza – tipo chiamare la tua gelateria “Fanc*lo Fragola” (anche se, ammettiamolo, la gente ci entrerebbe per pura curiosità). Significa solo capire che la disapprovazione di alcuni non è la fine del mondo. È spesso il segnale che stai dicendo qualcosa che vale la pena ascoltare.
E se vuoi far girare un contenuto, la morbida indignazione è il tuo miglior alleato.
Che cos’è la morbida indignazione? È quando dici qualcosa che non è abbastanza grave da far arrabbiare davvero, ma abbastanza strano da far storcere il naso.
Tipo dire che metti il ketchup sulla carbonara (vi prego non fatelo!)
O che la liquirizia è il miglior gusto di caramella.
O – e questo l’ho provato davvero – scrivere “Il miglior spritz si fa col Campari” in una città che vive di Aperol.
Risultato? Commenti a raffica. Meme. Condivisioni. Gente che litiga nei commenti. E una portata che nessuna sponsorizzata da 300 euro avrebbe mai raggiunto.
Non dico che dovresti provocare sempre. Ma quando non sai da dove partire, chiediti: “Qual è la cosa piccola, innocua, ma potenzialmente divisiva che posso dire? Ma soprattutto... ha senso scrivere questo post o è un mio puro esercizio narcisistico? A chi può servire?"
È lì che spesso nasce l’attenzione.
E quando proprio non funziona niente, ricorda la regola d’oro del contenuto social: i gattini funzionano sempre (ma non è il caso di metterli ovunque).
Il tuo compito farti amare da tutti. È tuo compito farti notare da chi potrebbe amarti e apprezzare quello che scrivi
Tutto il resto è gelato alla crema, che piaciucchia a tutti, ma raramente fa impazzire qualcuno.