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Match Point: le aziende alle prese con i talenti

Le aziende devono realizzare che i mercati sono in mano a talenti anagraficamente e culturalmente distanti dalle generazioni precedenti.

<<Nella vita o hai talento o hai fortuna>> fa dire Woody Allen a uno dei protagonisti del suo fortunato dramma Match Point (2005), ed è la frase che apre e chiude il film.

Il match point nel gioco del tennis è la metafora scelta dal regista per indicare un successo che può essere determinato da una dote personale - da allenare - o dal puro corso degli eventi. Questo è il caso del personaggio interpretato da Jonathan Rhys Meyers.

Il mismatch è, invece, uno dei problemi oggi più gravi e urgenti nel mercato del lavoro italiano, dove si stima che oltre 10 milioni di talenti siano male assortiti rispetto al ruolo che ricoprono e a quello che dovrebbero fare in base alle loro inclinazioni. Come ha scritto su Domani il brand strategist Andrea Batilla, in merito all’ossessione della performatività, “uno dei problemi più assillanti e meno razionalmente risolvibili nel mondo del lavoro è la ricerca, selezione e attribuzione di un talento creativo a un progetto”.

Ovvero, le tabelle Excel magari fanno tornare i conti ma non aiutano a scegliere un direttore creativo!

La ragione di questo scollamento tra parte manageriale e creativa per Batilla sarebbe dovuta al fatto che i mercati siano in mano a generazioni anagraficamente e culturalmente distanti dalle generazioni precedenti. La Generazione Z ha ridefinito i canoni dei prodotti e delle cause sociali – e non solo le line up dei festival musicali, dove Dua Lipa scalza i Pearl Jam – ma sconta un sistema che ancora non vuole passargli il testimone.

Da qui nasce una mia riflessione sui “talenti” e le aziende alle prese con un dilemma: i manager della generazione boomer, che devono rispondere solo in base ai risultati economici, come conciliano il budget con la valorizzazione della creatività dei Millennials e Gen Z che assumono?

Il problema rischia di creare un gap per le aziende alle prese con la concorrenza e gli obiettivi di crescita nel medio-lungo periodo. Come aveva dichiarato Giorgio Maggi, Founder & Knowledge Creator di Homo Talent, in una passata intervista su questo magazine “[…] per quanto riguarda lo sviluppo delle risorse umane il tema della motivazione e dell’allineamento tra le attitudini personali e il ruolo che si ricopre nel mercato del lavoro sarà sempre più centrale. Altrimenti, se guardiamo solo ai numeri, rischiamo di avere lavoratori insoddisfatti, non a loro agio negli spazi aziendali e, di conseguenza, meno produttivi. Non bastano più le competenze come unità di misura principale nell’acquisizione dei talenti, poiché risultano cicliche e diventano obsolete in pochi anni. Servono sistemi e approcci in grado di misurare il potenziale talento in divenire, per poterlo riadattare e riallocare velocemente ed efficacemente in base alle sfide emergenti”. 

Qualche giorno fa parlavo con il reporter Alfredo Bosco – inserito nel 2015 da Lens Culture tra i 50 talenti emergenti nella fotografia a livello internazionale – e mi faceva notare come l’Italia sia terza nel mondo, dietro solo a USA e Germania, per produzione e premi vinti in ambito fotografico. Di contro, è solo dodicesima nella retribuzione dei talenti che queste immagini le producono. Ergo, quindi, che i talenti devono essere anche adeguatamente retribuiti. La fuga dei cervelli è un problema di "sistema Paese", ma se le aziende si sentono - a torto o ragione - l'ossatura dell'Italia, si prendano le loro responsabilità in termini di salvaguardia del capitale umano.

In conclusione ricordiamoci pure che il fenomeno delle Grandi Dimissioni – il quale, beninteso, non riguarda persone che si sono licenziate per non fare più nulla – ha fatto emergere pure una crescita dell’occupazione nelle start-up, perché i talenti qui sono attratti dalla dinamicità.

Se il Made in Italy deve continuare a caratterizzare la produzione di ricchezza del nostro Paese, sarà il caso di porci delle domande su come formare, selezionare e trattenere questi talenti, ce ne siamo lasciati già sfuggire molti all’estero

Quando tutto dovesse risolversi con un match point, evidentemente qualcuno avrà più fortuna che talento nel ricoprire certi ruoli manageriali.

cultura manageriale
management
Match Point: le aziende alle prese con i talenti

Francesco Sani

AUTORE

Classe 1979, è giornalista pubblicista e ha un master in Sociologia. Direttore Responsabile del magazine, gli piace studiare i cambiamenti della società a causa dell'economia 2.0, le tecnologie digitali e il futuro del lavoro. Scrive e ha scritto per Firenze Urban Lifestyle, Il Fatto Quotidiano, Artribune, Millionaire e Rivista Contrasti.

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